Cos’è il disturbo ossessivo compulsivo?

Cos'è il disturbo ossessivo compulsivo? Psicologo Trani Dott. Silvio Todisco
Cos’è il disturbo ossessivo compulsivo? Psicologo Trani Dott. Silvio Todisco

Il disturbo ossessivo compulsivo

“Ogni giorno prima di uscire di casa, Alessio 36 anni, deve riordinare il
suo armadio in maniera perfetta.
Se non facesse ciò, potrebbe accadere qualcosa di sgradevole alle sue
splendide figlie.
I suoi rituali consistono nell’allineare perfettamente le scarpe e ciabatte,
piegare in maniera perfetta e simmetrica magliette e pigiami, e controllare
che le camicie siano disposte nell’ordine prestabilito”.

Questo descritto è un tradizionale comportamento di un paziente con
disturbo ossessivo compulsivo (DOC), che viene messo in atto almeno per
un’ora al giorno, ma nei casi più gravi può occupare anche gran parte della
giornata.
Il disturbo ossessivo-compulsivo è un disturbo caratterizzato dalla
presenza di ossessioni e compulsioni (DSM IV-TR 2000): le ossessioni
consistono in idee, pensieri, impulsi o immagini persistenti che insorgono
improvvisamente nella mente del soggetto e che vengono percepiti come
intrusivi, fastidiosi e privi di senso.
Le compulsioni sono definite come atti mentali o comportamentali
ripetitivi, messi in atto in risposta ad un’ossessione secondo regole precise,
allo scopo di neutralizzare e/o prevenire un disagio e una situazione
temuta.
Il disturbo si manifesta generalmente nella prima giovinezza, massimo di
incidenza tra i 15 e 22 anni, con una prevalenza lifetime che oscilla intorno
al 2-2,5% nella popolazione generale. Il decorso raramente è episodico, è
invece, un disturbo che tende a cronicizzare, anche se con fluttuanti fasi di
miglioramento e peggioramento, e a diventare invalidante.
Le ossessioni e le compulsioni, in ottica cognitivista, possono essere
concettualizzate come frutto di attività intenzionale e possono essere
comprese attraverso operazioni identiche a quelle che usiamo nella

spiegazione della condotta di altre persone o di noi stessi. Infatti la
condotta ossessiva è un’attività finalizzata al raggiungimento di uno scopo
e alla soluzione di problemi.
Ma allora, se si tratta di un’attività finalizzata, perché il paziente non la
interrompe, soprattutto quando dichiara di volere ciò, visto che è
notevolmente difunzionale??

Per rispondere a questa domanda è necessario ricostruire il funzionamento
e il profilo interno del disturbo.
Tutto inizia con un evento critico: l’occasione che scaturisce la condotta
ossessiva. Al quale segue una prima valutazione: l’interpretazione che il
paziente dà in base ai propri scopi. È possibile individuare gli scopi che
regolano la condotta ossessiva, ovvero lo scopo di prevenire una colpa per
irresponsabilità e lo scopo di prevenire la contaminazione da sostanze
disgustose.
Tentativi di soluzione di primo ordine: sono i comportamenti messi in atto
dal soggetto, intenzionalmente o automaticamente, per fronteggiare,
prevenire o neutralizzare la minaccia percepita, ovvero le compulsioni.
Seconda valutazione: il soggetto valuta negativamente la propria condotta,
come l’esagerazione delle proprie preoccupazioni e dei provvedimenti
messi in atto, oltre la preoccupazione a lungo termine per sé e per i propri
familiari.
Tentativi di soluzione di secondo ordine: sono i comportamenti messi in
atto al fine di contenere la sua preoccupazione e l’attività ossessiva. Le
condotte messe in atto per contenere i sintomi, però, hanno spesso l’effetto
paradossale di incrementarli, in quanto i sintomi vengono criticati per le
loro conseguenze esistenziali, ma non viene messo in discussione o
abbandonato lo scopo iniziale di prevenire la minaccia.
La ricostruzione del profilo interno del disturbo illumina bene le
determinanti cognitive del paradosso che si osserva nei pazienti con DOC,
ovvero la messa in atto di condotte che si dichiara non volere e che non
producono grave disagio, da parte di soggetti che possiedono lo scopo e il

potere di interromperle. La spiegazione del conflitto è, infatti, in gran parte
riconducibile al fatto che i tentativi di contenere i sintomi, in particolare di
contrasto e “più di prima”, contribuiscono pesantemente al mantenimento
del disturbo creando un circolo vizioso nel quale i tentativi di soluzione di
secondo ordine rafforzano i tentativi di soluzione di primo ordine.
Chiarito dunque, che le ossessioni e le compulsioni sono un’attività
finalistica regolata dallo scopo di prevenire una minaccia di colpa o di
contaminazione, ne consegue che, l’aspetto cruciale del trattamento sarà
aiutare il paziente ad accettare la minaccia.
Il trattamento consisterà nell’aiutare il paziente ad accettare di non
prendere provvedimenti nella direzione dell’azzeramento della minaccia e,
dunque, a tollerare sia un certo grado di rischio di colpa o di
contaminazione, sia i segnali interni abitualmente assunti dal soggetto
come indicatori di una minaccia.
Il trattamento è suddiviso in 6 fasi:
-prima fase: ricostruzione e condivisione dello schema del disturbo
-seconda fase: accettazione “cognitiva” della minaccia
-terza fase: E/RP esposizione e prevenzione della risposta come pratica
dell’accettazione di una minaccia
-quarta fase: riduzione delle assunzioni di minaccia
-quinta e sesta fase: interventi mirati a ridurre la vulnerabilità.

 

Dott. Silvio Todisco - Psicologo e Musicoterapeuta 

a Trani e Bari in Puglia

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